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La regione non serve più? O serve più che mai?

 

Dibattito a Trento sulla Regione Trentino-Alto Adige, febraio 2002, Trento, Palazzo della Regione

 

Sono stato chiesto ultimamente due volte di cosa ne penso di questa regione. Ha dato un sacco di risposte sull' identità sempre più provinciale, sul divario, sull' abisso tra le due province, sul peso storico che ha portato questa regione allo svuotamento politico prima, e adesso al saccheggiamento sfacciato che stiamo seguendo. Ma una risposta mi è sempre sfuggita. Sarebbe stata quella più logica, più vicina: e cioè che io stesso sono un rappresentate di quel genere che per la sua storia familiare potrebbe essere il prototipo di un “homo regionalis”. Il fatto che me non sono completamente scordato di avere nonna e nonno venuti dal Trentino a Bolzano, i ferrovieri Peterlini appunto, ne dice qualcosa su come la consapevolezza di appartenere in qualche modo ad un comune passato ed ad una comune polis da gestire anche politicamente sta svanendo. Mio collega Ettore Paris, sentendomi azzerare le necessità della Regione, si è sfogato: "Ma insomma, siamo fatti dalla stessa pasta."

Infatti. È vero. E nonostante questo stiamo assistendo ai funerali della Regione. Direi che è morta. Quello che oggi chiamiamo Regione (e con questo mi scuso di aver dimenticato i miei nonni trentini, inchinandomi) non ha più niente a che fare con una identità regionale che al massimo è riuscita a sopravivere nella nostalgia folcloristica degli Schützen, nell' impegno dei pochi credenti o degli addetti ai lavori, o si è imboscata nel subconscio. A questa Regione, la Regione del Palazzo per cosi direi, sono venuti meno le ragione di esistere. Per i trentini, il ruolo tecnico della Regione era, di garantirsi un' autonomia che altrimenti sarebbe stata difficile acquistare. Penso che, la spinta di federalismo in Italia garantisca che in dietro non si vada più, anche senza Regione (forse i giuristi mi contraddiranno, ma politicamente non mi pare proprio, e allora la soluzione giuridica c'e sempre). Per i sudtirolesi italiani la regione era una struttura di protezione, il capello imposto alle due provincie per garantire una maggioranza italiana o impedire una maggioranza tedesca. Ormai la Regione svuotata e resa impotente non tutela più nessuno, come non è neanche più un pericolo per i sudtirolesi tedeschi. Per noi la Regione ha perso addirittura il suo ruolo di minaccia, e sotto questo profilo la si potrebbe tranquillamente lasciar sopravvivere, se non fosse ritenuta un ente inutile, fastidiosa e spendacciona. I ladini? Si, magari esiste un identità sovraprovinciale, ma è meno un identità regionale che non di valle. Anzi, se proprio vogliamo ridisegnare le nostre piccole terre, perchè non pensare anche ad una provincia ladina? Ma questo tra parentesi. Sulla regiona invece penso, che un istituzione che non sia più retta da un senso comune perde la base della sua esistenza, non è più legittimata, è come l' amministrazione di un paese fantasma nel quale non ci abita più nessuno. Abolita per esaurimento del ruolo storico e politico, per desertamento popolare. È una sentenza severa, ma giusta, anche se non mia piace. Non mi piace per quel subconscio del quale ho parlato, di un identità regionale che magari riusciamo a recuperare scendendo nei strati dell' inconsapevolezza: forse chi vive a Trento e Bolzano appartiene, senza rendersene conto, ad un homo autonomus, ad un cittadino prototipo con un esperienza unica in Italia: perchè godente di un autonomia politica, una autoresponsabilità politica che per gente di altre province sta per diventare una novità ancora da assaggiare, mentre noi il rodaggio ce lo siamo fatti. Forse Trentini e Bolzanini appartengono ambi e due al tipo homo alpinus, figli della montagna, con la stessa sensibilità per la nostra natura, con una cura per i centri storici che altrove non si riscontra, per le nostre specialità, con le stesse ricchezze e gli stessi problemi che ci portano turismo e traffico. La stessa pasta, insomma.

Ma dico: Ce lo siamo dimenticato non malgrado, ma proprio per colpa di questa regione malfatta, nata come imbroglio storico e poi punita tutta la sua vita per questo vizio di partenza. Forse, per far rinascere il regionalismo, bisogna veramente abolire la Regione. E allora via! E basta? Il timore è: ma ci sarà poi qualcosa di nuovo? E cosa potrà essere se non un altro ente inutile o una sala di dibattiti inascoltata perchè derubata del potere legislativo, del mandato elettorale? Sicuramente non ci serve una regione per suddividere soldi poi spesi allegramente, non ci serve nemmeno per aggiornare i libri fondiari, il potere amminstrativo ormai è in mano delle due province che sono in un contatto diretto con la gente, e per questo sono sotto una responsabilità più diretta ed un controllo democratico più efficiente (anche se pur sempre modesto). Ad amministrare, penso che le provincie battono la Regione in competività, e allora facciano loro questo mestiere. Ma allora, una Regione a cosa serve? Una Regione ridotta ad un tavolo de due presidenti non mi convince, sarebbe una farsa, una divisione del lavoro dove si ritornerebbe a dire: tu guarda ai tuoi, i guardo ai miei. Una regione formata dalle due giunte - sarebbe una struttura alibi destinata a degradare. Un parlamentino tipo Dreierlandtag, i trei consigli del vecchio tirolo? Non porta nulla, la merenda insieme e il törggelen avrebbe forse più successo, perché almeno non si farebbe finta di parlare insieme, ma ci si incontrerebbe veramente - tra politici almeno. E questo è il limite. La regione, il regionalismo non si può consumare nella politica, anzi va tolto, va sottratto per un po’ di tempo alla politica, che lo ho demolito, che lo ha ridotto a scandali e liti di aritmetica partitica. Il regionalismo va ridato alla gente, all’ economia, alla cultura, ai progetti concreti. Dove vedo la possibilità di far rinascere il regionalismo sulle ceneri della Regione è il regno del subconscio, la cultura, l' identita, la storia, la pasta dalla quale siamo formati. Chiedo una piattaforma - un ente, un associazione sostenuta dalla provincie, prevista dalla legge - per il regionalismo, piccola, leggera, ma dotata di fondi - controllati - per poter collaborare con e far lavore studiosi, artisti, imprenditori, scienziati, esperti di traffico, di purificazione delle aque, di ambientalisti, di storici, insomma: di gente che già lavora sui temi concreti di questa regione, studiando e proponendo quelle scelte alla politica delle due provincie che: a) risolvono problemi comuni b) possono liberare il senso comune, regionalista, dalla sua imboscata e ridarli la vita concreta c) danno spazio e aria alla nostra anima per non essere soffocata dal provincialismo. Perchè è questo il pericolo, tra l' altro già più che verificatosi, che Trento e Bolzano diventano vittime della loro autosufficenza, di una atteggiamento culturale-politico-sociale che noi chiamiamo "Mir sein mir", e voi forse chiamate "mi semm mi" o "mi son trentin". Siamo pero piccole, piccolissime entità, secondo me troppo piccole a poter resistere al vento che soffia nei tempi della globalizzazionen e destinati a diventare ... provinciali, soddisfatti di noi stessi, ma rinchiusi nel proprio guscio - troppo stretto. Ci si puo guardare intorno in tutti gli ambienti, nella cultura, nell' economia, ecco anche tra i mass media - sempre ogniuna provincia soffre per un mercato, un radius operativo limitatissimo, quasi ai limiti della sopravvivenza. Rischiamo di essere soffocati dal provincialismo. Cosa ci può salvare non è piu questa Regionale quasi sepellita, ma l' Europa - un apertura che ci risuscirà tanto meglio, quanto riusciamo scalvacare il provincialismo e ad riscoprire ed allargare il nostro regionalismo. Proprio per questo farei un passo in più: una piattaforma per le tre regioni del vecchio Tirolo, Trento, Bolzano, Innsbruck, che coordina le sue risorse e mette in moto un interscambio culturale, sociale, economico invece di ignorarsi o farsi concorrenza (dico: Università, Teatro, aeroporto). Ci sono già molte iniziative, ma vanno raccolte, vanno gestite e mirati verso una meta ben definita, anche se, al momento utopica. Una piattaforma comune, spolverata dalla nostalgia del vecchio Tirolo, ma installata con grinta dalle tre province e con una prospettiva del futuro, in cerca di quelle cooperazioni che sono talmenti interessanti per convincere la politica, da poter servire da supporto alla politica regionale, invece di esserne parasita e di disanguinarla come la regione ha fatto con l' idea del regionalismo. Per esempio (mi si permetta che parlo del mio mestiere): Non esiste nessun organo di autovisione di questa regione, abbiamo si giornali, radio, telegiornali provinciali, negli quali, o per obbligo istituzionale come alla Rai, o per buon intento ci si guarda anche un pochettino cosa fa il vicino di casa; abbiamo rubriche, pagine etc. Ma un ottica regionale nei mass media della Regione non esiste più. E non solo da giornalista dico: Cosa non è visto, cosa non è rispecchiato, non esiste! Se non si farà - non nell' informazione quotidiana, forse neanche in quella settimanale, ma forse in un bel mensile o bimensile - un organo nel quale la regione non è oggetto di propaganda o di marketing politico, ma il modo, il metodo di raccontare la vita, la cultura, l' economi, allora il senso comune potrà risuscitare solo molto difficilmente. E questo vale per tutti gli altri campi - bisogna rifondare il metodo di lavoro regionalista: Cose ne facciamo dell' Adige, del Traffico, della forte pressione globale sull' economia, del turismo, della nostra cultura. Ecco la mia visione: un laboratorio che inizia a preparare, concretamente, con passi piccoli, da lumache, ma ragionevoli, concreti e con la forza dell'utopia la euroregione Alpina (perche Tirolo é il passato, ma le alpi sono il presente e speriamo anche il futuro), magari con quattro province, appunto quella ladina in piu. Il nostro comune territorio è proprio il radius che da provinciarelle farebbe un vero piccolo modello europeo, due stati, tre lingue, etnicamente finalmente bilanciata e liberata dal meccanismo di chi è più forte, abbastanza ringradito per poter affrontare la globalizzazione che altrimenti ci spazza via, e meno ristretti in un provincialismo che ci strangola, ma abbastanza forti per poterci aprire verso Sud e Nord senza timori. Un sogno, un utopia. Si. Pero degno di essere sognato. Senza utopia - e questo lo dico anche ad una sinistra disorientata - la politica ricade nelle bassezze dove la possiamo osservare attualmente nel teatrino di una Regione da scandalo.


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